e le stelle
ricerca di Claudio Mercatali
La chiesa di Monte Romano
negli anni Trenta
Nell' Alto Medioevo Monte Romano
era abitato dai Longobardi. Il nome in romagnolo è "mont ermàn" e la
traduzione corretta sarebbe "Monte Ermanno" dal tedesco herman =
fratello. I prefissi "mont" e "val" sono longobardi e indicano
"un posto in alto, un poggio" e "un posto in basso, una buca".
Dunque il nome significa "poggio dei
miei fratelli, della mia tribù" e i Romani non c'entrano. Ora saliremo
da Valnera e percorreremo il crinale sopra Valgrande, secondo il percorso
mostrato nella mappa qui sotto. I Longobardi non ci interessano, però il sito
dimostra che i nomi hanno un preciso significato e, se si riesce a ricostruire
la loro origine, raccontano la loro storia. A proposito di storie, ecco che cosa dice lo scrittore Pino Bartoli su
Valgrande:
Una manciata di tenebre (da Fuochi sulle colline)
"Correva l'anno 1836. In
quell'anno si era rapidamente sparsa la voce che il Granduca di Toscana si
apprestasse ad aprire una strada che dall'altipiano di Casaglia raggiungesse
Marradi e Brisighella. Il Consiglio della Comunità brisighellese fissò in
duecento scudi il contributo, tassa di passo, così la chiamò il Granduca, che avrebbe
concesso ai fini della concretizzazione del progetto. Solo una famiglia non
volle saperne di pagare ulteriori imposte: la famiglia Ceroni di Valgrande.
Il podere Valgrande, posto verso
Monte Romano e precisamente nella parrocchia di Grementiera, costituiva allora
come oggi, l'estremo lembo della Romagna incuneato fra i contrafforti dell'
Appennino Tosco - Romagnolo. Oggi è uno dei tanti poderi abbandonati dell'alto
brisighellese, ma nel 1836, Valgrande con l'appendice di altri piccoli poderi,
era considerata residenza padronale tanto da giustificare, in quei tempi di
sapore feudale, il rango di signorotti della zona che i Ceroni avevano assunto
nei confronti dei villani.
Quello che rimane della casa
poderale di Valgrande
I Ceroni di Valgrande davano un' interpretazione
eccessiva al prestigio di cui credevano di essere investiti, con l'aggiunta di
una arroganza e una prepotenza senza limiti. Erano cinque fratelli, scolpiti in
modo uguale dal tempo, impietriti dalla solitudine e da un orgoglio smisurato.
Quando il gabelliere Gandini si
recò ad esigere il nuovo balzello, i padroni di Valgrande non solo si
rifiutarono di pagare ma stracciarono l'intimazione dicendo che "le tasse
per una strada che a loro non serviva non le avrebbero pagate". Il gabelliere
non osò protestare e non protestò neppure quando uno dei cinque energumeni lo
invitò, anzi gli ordinò di mettersi a tavola con loro.
- Non si esce da casa Ceroni
senza prima aver mangiato -
Il poveretto si accartocciò sulla
sedia e sebbene vedesse la fame girare sui muri per i venti e più chilometri
che aveva dovuto sorbirsi a piedi per portarsi a Valgrande, non toccò quasi per
niente l'enorme scodella di maccheroni che una delle donne di casa gli aveva
messo sotto il naso. Il buon odore della minestra infiorata da uno spesso
strato di ragù teneramente abbracciato ai funghi, faceva ballare il suo stomaco
vuoto, ma la paura di quei cinque che lo guardavano come un porcellino alla
grassa, gli aveva tappato il gozzo.
Lasciò che i padroni di casa
finissero i loro piatti, poi fra mille scuse e poveri sorrisi volse i suoi
passi verso Brisighella. Otto giorni dopo, in compagnia di due carabinieri il
messo gabelliere Gandini tornò a Valgrande. Lasciarono i cavalli legati a una
croce di legno che fino a pochi anni fa segnava il bivio della mulattiera che
porta a Montusco, podere nascosto alla vista dei Ceroni, e proseguirono a piedi
con l'intento di sorprendere gli abitanti di Valgrande nella loro tana e
procedere quindi alla riscossione o al sequestro. I Ceroni invece sembravano
attenderli.
... lasciarono i cavalli al bivio della
mulatiera che porta a Montusco ...
La tavola era apparecchiata anche
per loro, per la "forza" come si diceva allora per chiunque portasse
una divisa.
- Siamo venuti per quelle tasse -
e stavolta il sorriso del gabelliere era coperto da un buono strato di
sfottitura e autorità - non crediate di comprarci con due maccheroni ... Questi
spilorci non pagano le tasse e vorrebbero magari anche farci morire di fame -
finì col dire il Gandini rivolto ai suoi angeli custodi.
I Ceroni non dissero niente.
- Stavolta - pensò il gabelliere
- mi rifaccio. Non ho mica paura stavolta ... e guardò di nuovo la "forza"
che messa lanterna e fucile in un angolo, si era già sistemata a tavola. I
piatti che arrivarono di lì a poco sembravano covoni di grano.
I Carabinieri pontifici.
Incominciarono.
E per far vedere che proprio
proprio non aveva nessuna paura, Gandini finì per primo la sua parte nettandosi
con le mani i baffi impregnati di sugo.
- Non si va in giro a dire che in
casa dei Ceroni si muore di fame ... e Sabèn, l'azdòr (il reggitore, del podere, il capo famiglia) riempì di nuovo la
scodella dell'esattore.
Sembra, così mi raccontò il
vecchio Nannini, ultimo proprietario di Valgrande, che il gabelliere il
mercoledì, giorno di mercato a Brisighella, avesse spiegato a suo modo le
scontro con i Ceroni, dicendo che "i maccheroni di Valgrande erano buoni
ma pochi, e sono arrivato a casa morto di fame". E questo in fondo era
vero.
Il gabelliere fece un debole
tentativo per rifiutare e poi abbassò la testa sul piatto, visto che anche i
carabinieri si sforzavano di finire la loro porzione, intimoriti dalle pesante,
fastidiosa presenza di tre fratelli che come ad un segnale convenuto si erano
portati alle spalle di ognuno dei convitati.
L'azdòr era sparito. l'altro
fratello intanto, aiutato dalle donne, riempiva i piatti posandoli con fare
imperioso sotto il naso dei malcapitati.
- Mangiate! Avanti mangiate! Sono
pochi? Coraggio, ce ne sono degli altri! -
Con lo sguardo ormai spento,
tutti sbracati a causa dei bottoni che saltavano via come tappi di bottiglia, i
tre cercavano faticosamente d'alzarsi. Prontamente erano rimessi a sedere senza
tanti complimenti dai rispettivi "camerieri" appostati alle spalle.
Nessuno parlava più. Una poltiglia di tenebre era scesa sulla cucina dove stava
per avvenire un delitto atroce, ripugnante.
Mentre i carabinieri pontifici ad
un certo punto furono lasciati liberi di trascinarsi nella buca del letame a
vomitare l'inferno che era in loro, Gandini incapace ormai di qualsiasi
reazione veniva ingozzato a forza. Nella bocca tenuta aperta i maccheroni gli
furono spinti in gola con il mattarello.
Con gli occhi schizzati fuori
dall'orbita, Gandini morì soffocato nella maniera più schifosa e orripilante.
Lo gettarono nella buca del letame come "un sacco di merda" così
dissero i Ceroni. Poi presero a braccio i due gendarmi e si recarono ai cavalli.
La terribile vendetta di quelli
di Valgrande, che ancora oggi non si racconta senza rabbrividire d'orrore, non
si era fermata con la barbara morte
inflitta al gabelliere.
Sabèn, che si era allontanato
un'ora prima, aveva tagliato le labbra ai cavalli che impazziti dal dolore
mostravano i denti in un ghigno spaventoso.
- Anche loro ridono, vedete come
ridono! Ridono come ridiamo noi ... - e la risata dei Ceroni sembrò un'onda
pazza di violenza che andava a schiantarsi su quel mondo così semplice, così arcaico
di allora, lasciando un segno che ancora oggi ti fa restare con il fiato
sospeso.
La sera stessa i Ceroni, lasciata
Valgrande nelle mani delle loro donne, si rifugiarono nel confinante Granducato
di Toscana. Nessuno seppe più niente di loro ...".
E ora andiamo. Il tracciato del
trekking non è difficile. Si tratta di percorrere per intero l'orlo della
valletta dove di trova Valgrande. La mappa qui accanto è chiara quanto basta.
Si parte da Cà di Pedù, un podere lungo la
strada per Valnera ben riconoscibile e mostrato qui sotto.
L'imbocco della nostra strada è
alle spalle rispetto al punto di scatto di questa foto.
La strada sale costantemente e si
percorre con poca fatica. La zona è bella, con grandi spazi, campi di grano e,
in giugno, una gran fioritura di ginestre e altro.
Il primo podere, Il Casotto, si
intravede nella foto qui accanto ed è già nella parrocchia della Grementiera,
che comprende tutta questa valletta.
La pianta in primo piano è il
finocchio selvatico. Se viene stropicciato fra le mani libera delle essenze
profumate, che svaniscono dopo poco ma lasciano addosso una nota bassa di odore
gradevolissimo.
Dopo aver faticato un po' si
arriva a Pedù, un podere disabitato, a mezza costa.
Pedù
Il panorama è già interessante,
ma per goderlo appieno bisogna guadagnarselo, salendo una ripida erta lunga
quasi un chilometro, che porta al Crinale delle Salde.
Uno dei modi per ingannare la
fatica è quello di non guardare continuamente avanti, perché il pendio ripido
scoraggia. Così, guardando a terra, scopro che questo posto è ricco di erbe
commestibili, che non mi sarei aspettato di trovare.
Ci sono quasi tutte le compagne
del finoccchio selvatico, cioè le monocotiledoni che vivono a solame, nei
terreni basici e siccitosi, con poca terra e molto galestro.
Ecco qui accanto il tarassaco a
foglia roncinata, la plantaggine a nervatura parallelinervia e i vitalbini,
cioè le punte di vitalba. Mescolando queste tre con un 60% di radicchio
selvatico si ottiene un' insalata amarognola appetitosa. Però bisogna arrivare qui
a metà primavera. Terrò a mente per un prossimo trekking.
Ora più delle parole contano le immagini, perché da qui si vede mezzo mondo.
Al Crinale delle Salde la visuale si allarga. Per andare a Monte Romano bisogna imboccare verso destra la strada campestre che si vede qui accanto nella prima foto in alto, altrimenti si va a Gamberaldi, un posto dove siamo già stati con questo blog il 13 ottobre del 2010 (vedi nell' archivio).
Clicca sulle immagini
se le vuoi ingrandire
I Longobardi saranno stati anche
dei rozzi barbari, ma questo posto l'avevano scelto proprio bene.
L'Osservatorio di Monte Romano
ha una sala vetrata per le comitive.
Da qui si vede anche una gran
parte del cielo e infatti c'é un osservatorio astronomico gestito dal Gruppo
Astrofili Antares di Romagna, al quale si può accedere come specificato al sito
www.osservatorioastronomico.info.
E così sono passate piacevolmente
tre ore, e cinque o sei chilometri.
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