Un duro contrasto
a Marradi
a Marradi
ricerca di Claudio Mercatali
Il Partito Popolare (pipì per i
denigratori) fondato da Don Sturzo nel 1919 segnò l'ingresso dei cattolici
in politica con un partito fatto per questo preciso scopo, al quale poi seguì la
Democrazia Cristiana.
Fu sciolto nel 1924 ma i
Popolari continuarono in certi casi a fare una opposizione strisciante,
soprattutto con l'Azione Cattolica.
Mussolini il 9 aprile 1928 sciolse tutte le associazioni non fasciste ma per questioni di opportunità in vista del
Concordato dovette accettare l'Azione Cattolica. Era una situazione ambigua e
ciascuno faceva a modo suo: il fascismo con l'Opera Nazionale Balilla, allevava le nuove
generazioni come succede in tutte le dittature e la Chiesa insegnava ai giovani la sua dottrina
sociale.
L'Azione Cattolica, con
cinquemila sedi sparse in tutta Italia, svolgeva la sua attività anche con iniziative
implicitamente politiche. L'Opera Balilla dal canto suo era ormai diventata un
grande apparato del regime e contava più di un milione e mezzo di iscritti
divisi in balilla, avanguardisti, piccole italiane e giovani italiane.
Il 3 agosto 1930 l'Avvenire d'Italia
incitò l'Azione Cattolica «ad invadere tutti i settori della vita sociale». Il
contrasto era insanabile e il regime la dichiarò disciolta con il decreto del 29 maggio 1931.
Eccoci al punto che ci interessa. Come venne vissuto lo
scioglimento dell' Azione cattolica qui in paese, dove il Partito Popolare aveva
avuto larghissimo seguito prima del fascismo e sotto sotto anche dopo?
Leggiamo l'articolo qui accanto
dove si parla, senza dirne mai il nome, di don Mario Valentini parroco di
Lutirano, che insisteva con il suo circolo dell' Azione Cattolica nonostante il
decreto di scioglimento.
Per questo fu nominato parroco di
San Pietro in Lutirano (1929 - 1936) con la speranza che in quel paesino si
mettesse tranquillo.
Dall' articolo de La Stampa
sappiamo che non fu così e nel 1936 il vescovo lo nominò arciprete di
San Domenico, la chiesa vescovile di Modigliana, per i suoi meriti e forse anche
per tenerlo meglio sott' occhio. Nel 1960 era pievano a Rocca San Cassiano e fu
colpito da ictus. Rimase paralizzato e tornò a vivere come privato, fino al
1972, a Lutirano, dove c'erano i ricordi dei suoi trent'anni. Morì a Ravenna
nel 1978 ed è sepolto a Modigliana.
Mario Montefiori
Mario Montefiori
Mario, consigliere comunale del Partito Popolare nei primi anni Venti, fu uno degli otto consiglieri (su venti) che ebbero l'ardire di presentarsi al consiglio comunale dell' 8 gennaio 1923 l'ultimo prima del fascismo. La Marcia su Roma era avvenuta due mesi prima e gli oppositori rischiavano l'olio di ricino e la bastonatura.
Il sacrestano probabilmente aveva
l' appoggio implicito dell' arciprete don Luigi Montuschi, che agiva indirettamente. L'azione di disturbo era però fastidiosa e, come
racconta il maestro Giuseppe Biagi nel suo libretto intitolato "E mi
arziprit" ad un certo punto il segretario del fascio marradese, un certo
Ugo Grossi, fece venire degli squadristi da fuori, perché non era
opportuno coinvolgere i fascisti locali in una lite con il prete. E così un gruppo di loro si presentò ad una festa all' asilo in cui c'era don
Montuschi e la cosa si risolse all' ultimo momento quando il prete aveva
una sedia in mano.
Però nei primi anni Trenta ogni
forma di dissenso cessò e il clero locale in generale non fu apertamente avverso al Fascismo. L'articolo qui sopra dice infatti: " ... su venti sacerdoti in
tutto il comune, due giovanissimi e zelanti, con precedenti di rilievo a loro
carico si sono gettati in una attività extra religiosa con la solita tinta
antifascista; comunque arrecanti intralcio alle nostre organizzazioni e
istituzioni fasciste". Chi erano? Uno era don Valentini,
e l'altro? Il ricordo si è perso e forse non lo sapremo mai.
Fonti: Don Anselmo Fabbri,
per la vita di don Valentini. Archivio
storico del quotidiano La Stampa. Pino
Bartoli, Fuochi sulle colline.
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