Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

domenica 12 luglio 2020

Il sentiero di Garibaldi Seconda parte

Da Gamberaldi a Gruffieto
sulla via percorsa da Garibaldi
nel 1849
resoconto di Claudio Mercatali



Giuseppe Garibaldi lasciò un ricordo leggendario nella gente. Durante le sue imprese era spesso in fuga, tallonato da gendarmerie di vario tipo. Non fu mai catturato, perché trovava sempre appoggio e aiuto. Questa che segue è la cronaca di un trekking lungo il cosiddetto "sentiero di Garibaldi" percorso dall'Eroe nel 1949, alla fine della Prima Guerra di Indipendenza, inseguito dagli Austriaci. Siamo a Gamberaldi, fra Marradi e Palazzuolo sul Senio, diretti a Gruffieto e poi, volendo, alla Badia di Susinana. 


Alfredo Oriani

La tappa di oggi è il seguito di quella da Popolano a Gamberaldi, già descritta in questo blog alla data 6 luglio 2020. Al 1 luglio c'è anche la biografia di don Giovanni Verità, protagonista del racconto che state per leggere.
In Toscana e in Romagna ci sono decine di case con la lapide a ricordo di una sosta di Garibaldi. Le storie sono tante ed è difficile anche contarle. Leggiamo l'aneddoto descritto da Alfredo Oriani nel libro "Fino a Dogali". I personaggi sono: don Giovanni Verità, il prete patriota scomunicato, di Modigliana, che fa da guida, un mulattiere e due Garibaldi. Due? eh si! proprio due ...

Dal Libro Fino a Dogali

... Partirono in una notte cupa; sempre pei monti giunsero sopra la Badia di Susinana, antico feudo del celebre Maghinardo. Erano sfiniti. Don Giovanni vi conosceva un mulattiere, che abitava presso il mulino, e pensò di svegliarlo per chiedergli i muli. Nascose i due compagni in una fratta e avanzandosi sotto la casa lanciò un sasso alla finestra del mulattiere. I monti neri nella notte, appena divisi dal fiume, parevano più sinistri in quella gola; l'acqua mormorava sotto il ponte con lamento continuo. La finestra si aperse.
- Chi va là?  - Sono io, Don Giovanni di Modigliana.  - Oh! che c'è? - Scendi.
- Che c'è? Vengo subito: come mai lei qui? vengo, ecco!
E si sentiva il mulattiere meravigliato di quella visita parlare ad alta voce nella camera vestendosi. Poco dopo aperse l'uscio di casa; teneva una lanterna in mano. Don Giovanni vi soffiò sopra. - Che c'è?  - Sono io, zitto! Hai i muli a casa, Pio Nono?
Era questo il soprannome del mulattiere, e ricordandoselo Don Giovanni sorrise.




L'antico ponte dal molino alla Badia di Susinana

- Ne ho uno solo. - Basterà: mettigli il basto, debbo andare a Palazzuolo. Ho meco due signori, sono stanchi. Che cosa vuoi?! non conoscono la montagna.

- Già, signori di città... ci vuole altro per i nostri monti. Lei, viene da Modigliana? - Sì.
- Entri, sarà stanco, mi faccia l'onore... Ecco, veda; ho ancora in casa due fiaschi. Ma perché mi ha spento il lume? scoppiò improvvisamente a dire.
- Via via, fa presto; non entro. Ho lasciato quei signori, vado a trovarli. Metti il basto al mulo e sali sulla strada: noi vi saremo.
Lo lasciò. Dopo cinque minuti Pio Nono apparve sulla strada tenendo il mulo per la briglia: la bestia s'arrampicava con passo violento, si sentivano i suoi ferri battere contro i ciottoli.
- Ohè, piano! urlava Pio Nono,trattenendola per la catena.
La bestia era impetuosa, nera e piccola. Pio Nono ansava.
- Ecco! esclamò scorgendo il gruppo dei signori. È un mulo troppo vivo, e lo frenava con visibile sforzo, mentre colla voce sembrava incoraggiarlo, superbo di quella sua vivacità.
I tre parlamentarono; il capitano Leggero dovette inforcare il mulo. - Io vado innanzi, disse Don Giovanni a Pio Nono traendolo in disparte mentre teneva sempre la catena del capezzone nella mano, e il mulo impaziente scalpitava sbuffando: lasciami cento o centocinquanta passi di scampo; se incontro una pattuglia... - Ah! - esclamò soffocatamente Pio Nono. - Hai capito! Io torno addietro, tu caccia il mulo nel bosco, nel campo, nascondilo o, se non è possibile, ripara i due. Io fischierò, in una stretta faccio fuoco.


Don Giovanni Verità


- Oh!  - Non hai paura tu? Pio Nono non rispose. - Siamo intesi? - Ma chi sono? - Umh!
E Don Giovanni si mise l'indice sulla bocca; si trasse il fucile dalla spalla, l'armò.
- Vado innanzi, siamo intesi. Don Giovanni si perdette alla prima svolta del sentiero. Pio Nono era rimasto pensieroso. Amico di Don Giovanni e conoscendone le azioni, pensò tosto che quei due signori fossero due banditi, come si diceva nel linguaggio del popolo, ma importanti. V'era dunque un pericolo serio ad accompagnarli.

Ma Pio Nono era naturalmente coraggioso. I due tacevano; quello a piedi camminava alla testa del mulo. Pio Nono colla catena del capezzone nelle due mani stava indietro il più possibile e si faceva quasi trascinare per moderare l'andatura della bestia. Pensava fra sè inquieto:
- Piano, Garibaldi! gridò improvvisamente. I due si voltarono. - Garibaldi! ripetè Pio Nono dando uno strappone al mulo. Garibaldi gli si avvicinò.
- Che cosa c'è? Mi avete chiamato? - Chiamato? Che! È il mulo che non vuole andar piano. Don Giovanni mi ha pure detto di andare adagio. È il mulo, sa, ha quattr'anni, è troppo ardente. L'ho comprato due anni fa a Scaricalasino (... è il vecchio nome di Monghidoro). Era grande come un porco, ma bello veh! Me lo sono fatto io. Gli ho messo sul groppone sino a due balle da quattrocento libbre l'una; pare una bugia a dirlo. E sa come me lo hanno battezzato? Indovini? ma già, ha sentito come lo chiamo; gli dicono Garibaldi.



Il capitano Leggero (al secolo Giovan Battista Culiolo)


- Ah! Garibaldi sorrise voltandosi al capitano Leggero.
- Da quanto tempo, questi domandò, chiamate così il vostro mulo?
- Oh! non è molto, da quando è incominciata la rivoluzione. Garibaldi è il migliore soldato, e il mio mulo è il miglior di tutti: non è vero tu, Garibaldi?
Si voltò alla bestia, scuotendo la catena. Il mulo s'impennò quasi. - Piano, piano: vuoi proprio fare il Garibaldi? E dopo una pausa: Anche lui chi sa dov'è, poveraccio!



Modigliana, il monumento a don Verità


L'accento di quest'ultima frase era così buono che Garibaldi commosso gli tese la mano.
- Che cosa vuole? rispose Pio Nono imbarazzato da quel gesto.
- Garibaldi sono io: vi stringo la mano, non posso ringraziarvi altrimenti.
E la voce e l'attitudine del Generale furono così epicamente semplici, che l'altro comprese di botto: e abbacinato, più incerto ancora dopo aver compreso, tremante di un sentimento inesplicabile allora e che neppure in seguito è mai riuscito a spiegarsi, lasciò sfuggirsi la catena.
- Eh via! Pio Nono, seguitò allegramente il Generale: non c'è da ridere piuttosto? In quel momento riapparve Don Giovanni. - Niente? gli domandò il capitano Leggero.
- Che c'è? - Don Giovanni! esclamò ancora attonito il mulattiere: è lui Garibaldi, non il mio mulo. Don Giovanni comprese che Garibaldi si era nuovamente scoperto e voltandoglisi bruscamente: - Ma Generale... - Oh! questo Pio Nono non è come quell'altro, non tradirà.

Vent'anni dopo Pio Nono mi raccontava in una bettola di Palazzuolo il grande aneddoto della sua vita. - E il mulo? gli chiesi. - Di quelli non ne ho avuti più. - Come Garibaldi.
- Con tutto il rispetto di lei e di lui, già!
Ora Pio Nono dev'essere molto vecchio, ma siccome fa ancora il carbonaio e la fuliggine dei sacchi gli tinge barba e capelli, è impossibile indovinare quanti anni abbia ...
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E ora andiamo. La zona fra Marradi a Palazzuolo si presta al trekking, però la via esatta percorsa dall' Eroe dei due Mondi non si sa. Come mai? A pensarci bene non è poi tanto strano che uno in fuga per mezza Italia non prenda nota di tutti i monti che attraversa. All' andata seguiremo il sentiero segnato dai ragazzi dell'AGESCI (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani). Al ritorno passeremo dal monte sopra a Gruffieto lungo la via che porta a Gamberaldi.


L'andata
Alla villa di Gamberaldi si prende a destra, verso i poderi Perdolina e Cà Nova. La nostra via parte proprio da questa casa, attraverso una scaletta nell'aia, che porta ad un cancello.

Gamberaldi, dalla Perdolina







Il sentiero sale serpeggiando nel bosco, sempre nascosto, come è logico visto che Garibaldi era un uomo in fuga. I segnali sono fitti e si vedono bene anche in mezzo alla vegetazione.
Dobbiamo seguire quelli giallo - blu dell' AGESCI e ignorare quelli bianco - rossi del CAI.


Clicca sulle immagini
se le vuoi ingrandire







Dopo aver sudato un po' si arriva al crinale e la visuale si apre. Si vede la pala eolica di Spianamonte, che è lungo il sentiero di Garibaldi che va da Popolano a Gamberaldi. 

Ne abbiamo già parlato su questo blog, nell'articolo "Il sentiero di Garibaldi, prima parte" che è in archivio. Poco distante c'era il confine fra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio e quindi per Garibaldi cominciava il pericolo.

Oggi più semplicemente si passa dalla Toscana all' Emilia Romagna, in fondo alla sperduta valletta del torrente Sintria. Il posto è selvaggio e non c'è nessuna casa, perché è siccitoso e il torrente dalla tarda primavera all'inizio dell' autunno è quasi sempre in secca. La mancanza d'acqua scoraggia anche la selvaggina e infatti non si sente nessun rumore. Sembra quasi che non ci siano animali e forse è proprio così. Si sente solo lo scricchiolare dei rami dei pini, oggi che tira un vento teso, e questo tutto sommato mette una certa inquietudine anche a me, che di solito giro i monti da solo.

Il sentiero scende al Sintria e risale sul versante opposto, che è a solame e meno cupo. Sono le sei di mattina e il sole illumina il crinale sopra ai ruderi del podere Casetta. Al crinale fra Sintria e Senio un vistoso segnale indica la via. Siamo sempre sul confine Toscana - Emilia Romagna, cioè proprio ai limiti dello Stato Pontificio. 
I fuggitivi mantennero questa direzione per qualche chilometro, per poter sconfinare in uno stato o nell' altro a seconda delle necessità.

I ruderi del podere Casetta





Al crinale un vistoso segnale indica la via.


L'agitato don Giovanni Verità aveva pensato proprio a tutto e Garibaldi lo ringraziò nel canto XII del Poema autobiografico  "… un dolce ricordo a Modigliana, ove gentile di Cristo un sacerdote all’ospitale sua magion mi raccolse, ed instancabil guida seguimmi tra i dirupi e l’erte dell’appennino …".

E finalmente compare Gruffieto, là in basso. La bella villa è a poca distanza da qui, ma Garibaldi andava di fretta e non si fermò. E' un complesso di edifici del Settecento, che dalla fine dell' Ottocento alla metà del Novecento fu proprietà della famiglia Tolone - Andreani di Marradi, e dimora preferita del senatore Gaspare Finali, il patriota garibaldino che trascorse gli ultimi anni della sua vita qui da noi e al quale abbiamo intitolato una via.





Il sentiero prosegue passando più alto rispetto alla villa ma volendo da Gruffieto c'è anche una strada che passa da Valpedro e poi da Campo al Buio fino all'incrocio con la strada asfaltata che sale dalla Badia di Susinana.


Garibaldi proseguì per Palazzuolo scendendo da Salecchio o scese alla Badia di Susinana? Secondo il racconto di Alfredo Oriani sembra vera la seconda ipotesi.








Il ritorno

Per il ritorno dal nostro trekking si può passare dalla strada vicinale Gruffieto - Gamberaldi, che a metà dell' Ottocento era l'asse viario principale per queste lande. Naturalmente Garibaldi e don Giovanni Verità non la potevano seguire, perché passa da un podere all' altro e tutti si sarebbero accorti del transito dei fuggitivi. Però il sito è panoramico e merita. Dopo un'ora di piacevole cammino, quasi tutto in discesa, si arriva di nuovo alla villa di Gamberaldi .





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