L'Istituto Ciamician, sede della facoltà
di Chimica, frequentata
da Dino Campana
Dino Campana, durante il periodo bolognese, pubblicò alcuni scritti nei giornali goliardici del mondo universitario usando pseudonimi chiaramente allusivi al suo cognome che certo si prestava a facili e divertenti ironie:
il Campanone, Din Don, Campanula …
Tra questi scritti La Chimera e Le barche amorrate presentano numerose differenze rispetto all' edizione del 1914 e La chimera anche rispetto a “ Il più lungo giorno” così come Torre Rossa che apre i Canti Orfici. La lettera aperta a Manuelita Etchegarray è diversa alla: 16a e 17a riga.
dalla 22a alla 26a c'è un pezzo in più, dalla 50a alla 66a manca un pezzo e il finale è differente.
La chimera
Non so se tra rocce il tuo pallido
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose,
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l’immobilità dei firmamenti
E i gonfi rivi che vanno piangenti
E l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.
Qui sopra: la versione definitiva
dei Canti Orfici 1914,
In alto a destra: la poesia
nel Più lungo giorno,
Qui accanto: nel foglio goliardico
Il Papiro, Bologna 1912.
Barche amorrate
Le vele le vele le vele
Che schioccano e frustano al vento
Che gonfia di vane sequele
Le vele le vele le vele!
Che tesson e tesson: lamento
Volubil che l'onda che ammorza
Ne l'onda volubile smorza...
Ne l'ultimo schianto crudele...
Le vele le vele le vele
Sopra: Barche amorrate
in Varie e Frammenti (1914?)
in Varie e Frammenti (1914?)
Qui a fianco: sul foglio
goliardico Il Papiro,
Bologna, 1912.
Nel Più lungo giorno
questa poesia non c'è.
Lettera aperta
a Manuelita Etchegarray

....................................
E così lontane da voi passavano quelle ore di sogno, ore di profondità mistiche e sensuali che scioglievano in tenerezze i grumi più acri del dolore, ore di felicità completa che aboliva il tempo e il mondo intero, lungo sorso alle sorgenti dell’Oblio! E vi rivedevo Manuelita poi: che vigilavate pallida e lontana: voi anima semplice chiusa nelle vostre semplici armi. So Manuelita: voi cercavate la grande rivale. So: la cercavate nei miei occhi stanchi che mai non vi appresero nulla. Ma ora se lo potete sappiate: io dovevo restare fedele al mio destino: era un’anima inquieta quella di cui mi ricordavo sempre quando uscivo a sedermi sulle panchine della piazza deserta sotto le nubi in corsa. Essa era per cui solo il sogno mi era dolce. Essa era per cui io dimenticavo il vostro piccolo corpo convulso nella stretta del guanciale, il vostro piccolo corpo pericoloso tutto adorabile di snellezza e di forza. E pure vi giuro Manuelita io vi amavo e vi amo e vi amerò sempre di più di qualunque altra donna....dei due mondi.
A destra:
Il manoscritto sul Più lungo giorno
Il manoscritto sul Più lungo giorno
(in grigio) e sul foglio Il Goliardo (1912).
Qui sotto: La Notte nei Canti Orfici
3. Inconsciamente colui che io ero stato si trovava avviato verso la torre barbara, la mitica custode dei sogni dell’adolescenza. Saliva al silenzio delle straducole antichissime lungo le mura di chiese e di conventi: non si udiva il rumore dei suoi passi. Una piazzetta deserta, casupole schiacciate, finestre mute: a lato in un balenìo enorme la torre, otticuspide rossa impenetrabile arida. Una fontana del cinquecento taceva inaridita, la lapide spezzata nel mezzo del suo commento latino. Si svolgeva una strada acciottolata e deserta verso la città ...
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