in bici fino al crinale
dell' appennino
di Claudio Mercatali
Gira e rigira il Passo della
Colla è quello più piacevole da fare in bicicletta, fra quelli raggiungibili da
Marradi. La salita è agevole o dura a seconda dei tratti, panoramica, varia. A
metà e in cima o quasi ci sono due paesini (Crespino e Casaglia) e ogni quattro
chilometri una sorgente (Fantino, Crespino, Casaglia, Passo della Colla).
Volendo si può anche scegliere fra l'acqua ferrugginosa della Fonte di Sette,
la sulfurea di Casaglia e la sorgiva di roccia al Passo, oppure sua sorella
alla Casa dell'Alpe, che è 500 metri oltre, verso il Mugello.
Siete di pianura e 16 km in
salita vi fanno dubitare di voi stessi? A Crespino passa un treno ogni due ore,
nelle pause un pulmino fa servizio pubblico da Casaglia a Marradi. Che cosa si
può volere di più?
Da Marradi un bravo cicloturista
impiega un'ora per arrivare in cima e un ragazzo dell'agonistica in tre quarti
d'ora ce la fa. A me serve un'ora e venti, perché vado piano e mi distraggo
facilmente a guardare la fioritura dei ciliegi selvatici se è aprile, quella
dei castagni se è maggio, quella dell' iperico se è giugno o della cicoria in
luglio ... ma andiamo con ordine ...
Secondo la segnaletica della
Provincia di Firenze il Passo della Colla comincia a Marradi, dal ponte di
Villanceto e qui, al km zero, un cartello indica che in inverno servono le
catene da neve.
I chilometraggi di cui dirò in seguito sono riferiti a questo
punto.
Ca d'là è un edificio a cavallo
del confine fra Marradi e Palazzuolo. Secondo la leggenda uno che abitava qui,
andato a Marradi per registrare una nascita si sentì chiedere in che stanza era
nato il pupo.
Salta Cavallo è un altro posto
con la storia. In questo tratto c'è l'unico chilometro in pianura e i vetturini alla guida della diligenza
incitavano le bestie al traino.
La strada piana a Salta Cavallo
Il ponte di traverso è della ferrovia Faentina.
Il ponte di traverso è della ferrovia Faentina.
Valbura è la salita di prova.
Dura, diretta, corta, chiarisce il fatto e cioè chi arriva in cima in
condizioni penose è meglio che torni indietro dopo aver bevuto una borraccia
d'acqua fresca alla fonte del viale della stazione di Crespino.
A Crespino comincia la parlata
toscana. Mi ricordo che un giorno arrivammo qui stanchi morti, perché avevamo
avuto sempre il vento contro. Eravamo in quattro e una donnina che stendeva i
panni ci urlò: "Chi è vecchio e un
ci crede in salita se n'avvede ...".
Subito dopo il paese, sulla sinistra oltre il fiume ci sono i Prati della Logre, posti molto antichi.
I padroni erano i frati del monastero e ogni crespinese ne aveva un pezzettino. Pagava l'affitto in natura, non con i prodotti della terra ma con un certo numero di ore di manodopera a seconda del suo mestiere. Perciò il nome esatto del sito nel romagnolo medioevale era "i Pré de gl'ovre" e poi si è deformato.
I padroni erano i frati del monastero e ogni crespinese ne aveva un pezzettino. Pagava l'affitto in natura, non con i prodotti della terra ma con un certo numero di ore di manodopera a seconda del suo mestiere. Perciò il nome esatto del sito nel romagnolo medioevale era "i Pré de gl'ovre" e poi si è deformato.
Questo è il tratto più duro e
bisogna patire. Salgo con il 34/27, il rapporto dello stento, fino al Ponte del
Pentolino. Dopo un po' un tabernacolo dedicato alla Madonna marca il confine
fra Marradi e Borgo S.Lorenzo. I cicloturisti più spiritosi la chiamano la
Madonnina degli affanni. E' il punto di massimo sforzo e il
cardiofrequenzimetro segna facilmente 140 - 150 battiti.
Il Pentolino, detto anche il Ponte dei Forconi,
nell' Ottocento era uno dei posti preferiti dai briganti, perché la diligenza
saliva piano e non poteva prendere la rincorsa. Fu così che il 16 maggio 1872
...
Nei campi di Casaglia si riprende
un po' il fiato. Il sottosuolo argilloso dà una morfologia ondulata, perché i
terreni, nei millenni, sono scivolati lentamente verso il fiume Lamone.
In compenso la visuale si apre e il paesaggio assume un aspetto alpestre.
In compenso la visuale si apre e il paesaggio assume un aspetto alpestre.
Casaglia è un paesino che oggi
conta solo 34 abitati, ma cento anni fa i residenti erano qualche centinaio.
L'abitato venne sconvolto il 29 giugno 1919 da un terremoto, lasciando tutti
nella disperazione. I soccorsi vennero dallo Stato ma anche da una colletta
promossa dalla Società Pronto Soccorso, di Faenza, e qui accanto c'è il
ringraziamento che il parroco del luogo volle pubblicare nel settimanale
faentino Il Piccolo.
Alla fonte dell'acqua zolfa caso
mai mi fermerò al ritorno, perché ora ho già in bocca il sapore del sudore salato
e mi basta. Qui le rocce del monte disegnano un profilo, come una specie di
monte Rushmore nostrano.
Ai tempi del Granduca Leopoldo II
di Lorena (1820 - 1830) la strada della Colla era nuovissima, quasi un'autostrada,
con una progettazione d'avanguardia per attenuare le pendenze.
Ecco il divagare
del percorso nella zona di Camera de' Bovi visto dal monte La Faggeta, un
sito rupestre nella corona dei monti circostanti, tanto graditi agli amanti del
trekking e agli appassionati di muntain bike più scatenati.
Stiamo arrivando alla Curva di
Cencione, che era un commerciante di Ronta. I briganti lo aspettarono dietro la
curva, spararono in aria, ma il cavallo si imbizzarrì, Cencione cadde, picchiò
la testa in terra e morì. Era il 29 maggio 1874.
Perché il passo si chiama "della Colla"? Che cosa c'è di appiccicoso qui? Niente, colla sta per colle o collina e indica che si arriva in cima senza la tipica rampa finale di tante strade di montagna.
E così siamo arrivati. Un buon
bicchiere d'acqua alla fonte del Passo, dopo essersi sciacquati il viso dal
sale del sudore è quello che ci vuole. Non mi piace bere l'acqua di fonte dalla
borraccia di plastica e porto sempre con me un bicchiere pieghevole. Gli amici
scuotono il capo e mi dicono che è di plastica anche questo, però secondo me la
sensazione è diversa. Non sarà una fissazione?
Ora non rimane che il ritorno. La
Colla è piacevolissima anche in discesa, perché il serpeggiare delle curve
rende il percorso gradevole. Perciò questa strada era amata dai ciclisti anche
cento anni fa, come si legge in questo articolo del giornale La Nazione del
luglio 1910.
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